sabato 28 maggio 2016

Maria Cristina Vannini: mi candido a Milano, per una città della cultura dell’incontro

Milano oggi ha davanti una grande sfida. 


Perché proprio nel passaggio da questa amministrazione alla futura si porranno solide basi per lo sviluppo della nostra città come metropoli internazionale, attrattiva e aperta. 


Aperta a tutta la sua popolazione residente, che siano milanesi da sempre, da molto o appena arrivati. L’eredità del pensiero di molti arcivescovi milanesi,  che si è realizzata in ultimo con gli insegnamenti permeatori di un milanese di adozione qual è stato il Cardinal Martini, ha contribuito alla creazione di una società pensante e dialogante, ancorché spesso laica, alla cui base è sempre stata l’attitudine all’accoglienza. E’ un valore di Milano storicamente riconosciuto, infatti  quello dell’accoglienza basato sulla reciprocità, sulla capacità di chi arriva a Milano di integrarsi con il tessuto civile ed imprenditoriale. Per questo Milano è ancora oggi meta anche per moltissimi giovani del Sud Italia; perché ancora rappresenta il “sogno italiano” di chi vuole farcela. Non possiamo deludere le aspettative di tantissimi giovani che scelgono la nostra città per studiare o per iniziare la propria carriera lavorativa. Non possiamo frustrare le speranze dei giovani milanesi che scelgono di rimanere ed impegnarsi per il loro futuro a Milano.
Certo, le difficoltà economiche sono evidenti, ma la tradizione di vera città aperta, città che da sempre è stata capace di accogliere culture differenti, ci consegna una missione da cui non ci possiamo esimere.
La città che vedo in questo momento, quindi,  in relazione al suo sviluppo futuro, è una città che si evolve all’interno della sua tradizione. L’autenticità di Milano non la possiamo svendere a chi vuole soltanto continuare a costruire nuovi palazzi e chiudere porte.
I contesti abitativi ci sono, spesso male utilizzati o male tenuti. Forse non dovremmo costruirne altri, consumando altro suolo. Le capacità per riqualificare edifici residenziali esistenti ci sono, le tecnologie per farlo nel rispetto dell’ambiente e della salute degli abitanti pure. Le competenze professionali da coinvolgere non mancano. Ci serve rendere attrattive le operazioni agli occhi di chi può finanziare queste opere di rammendo che spesso non sono limitate alle aree cosiddette periferiche. Il Gratosoglio, Lorenteggio, San Siro, solo per citarne alcune, infatti, si possono ancora considerare periferie? In un’ottica di città metropolitana? Ma poi, il disagio abitativo non è dato anche dalla impossibilità di sviluppare relazioni sociali intorno a dove si vive? Alla mancanza di sicurezza, alla mancanza di spazi comuni che restituiscano dignità a chi li vive quotidianamente… e alla mancanza di opportunità di sviluppo personale e lavorativo?
Ed è proprio qui che nasce la sfida tutta culturale che Milano ora deve affrontare, da qui si delinea la mia visione di Milano per il futuro. Una Milano che non abbandoni la sua identità di città dell’incontro e del confronto ma che riscopra il gusto di una socialità diffusa in cui i luoghi di cultura possono contribuire largamente.
In una mia ricerca del 2010 avevo contato a Milano, soltanto nell’area urbana, 102 luoghi di cultura con attività espositive abituali (musei, fondazioni ecc.). Sei anni dopo, la realtà museale milanese si è arricchita e ulteriormente articolata. Ma non si può considerare produzione artistica e culturale soltanto l’offerta di musei, di mostre temporanee o di qualsiasi altra istituzione culturale “ufficiale”. Milano, associata all’idea di capitale della creatività e del Made in Italy, deve permettere la nascita spontanea di cultura in luoghi espressamente dedicati alla contaminazione feconda delle idee. Spazi istituzionali (musei, biblioteche, gallerie) devono diventare incubatori di nuova cultura imparando ad aprirsi alle curiosità della città e dei suoi visitatori e permettendo lo sviluppo della creatività attraverso l’emulazione delle opere degli artisti del passato. 
Spazi recuperati – pubblici o privati (è assolutamente importante riprendere il progetto degli scali ferroviari a cui aggiungere un progetto sistemico sui locali commerciali sfitti e sulle aree abbandonate) – a basso livello di burocrazia e a costi agevolati – che permettano a artisti, designer, artigiani, creativi di tutti i settori di realizzare i propri progetti e di metterli a disposizione del pubblico. Il teatro, il balletto, la danza, i vari stili musicali devono trovare spazio in città quotidianamente, accanto alla produzione di tutti gli altri settori artistici, non solo durante gli eventi come pianocity e bookcity che hanno avuto il merito di mettere in evidenza la “fame” di cultura che ha la nostra città. L’educazione alla cultura e alla bellezza non possono essere demandate solo alla scuole ma ogni ente ed istituzione/associazione culturale deve avere la possibilità di costruire la propria offerta in modo capillare sul territorio. In modo che la riqualificazione dei quartieri passi anche attraverso una riqualificazione sociale e culturale. Per dare a tutti i residenti  l’occasione di avere accesso e di partecipare alle attività culturali della città. Per realizzare quella città policentrica che essere una città metropolitana ci richiede.
Milano quindi, come creative city, vecchio concetto degli anni ’90 soppiantato dall’idea di città smart, ma che ancora deve essere applicato correttamente e concretamente alla nostra città, razionalizzando e mettendo a sistema tutto quanto è presente sul territorio metropolitano partendo dai luoghi di cultura per arrivare al turismo alla mobilità, alla cura delle persone. 
Milano come città-tessuto: tante trame interconnesse, a volte rammendate, che riprendono la nostra storia, la rielaborano, la attualizzano e la trasformano nel disegno della Milano del futuro che grazie alla cultura va incontro al mondo.   


M. Cristina Vannini - candidata al Consiglio Comunale Elezioni 5 Giugno 2016 - Lista Noi, Milano Beppe Sala Sindaco 

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