martedì 31 maggio 2016

La scuola, bene comune

Prima di tutto care amiche vi invito, per il 2 giugno, a mangiarci un gelato insieme festeggiando i 70 anni di voto alle donne: per la festa della Repubblica, alle h. 16 (alla gelateria Rembrandt in via Rembrandt), e alle h. 21 (gelateria Mag in corso Genova); qui tutti i dettagli.
E, in vista del prossimo voto (cui tutte mi auguro parteciperete!), vogliamo parlare di scuola? dai tempi di Pinocchio la scuola è profondamente cambiata: ma non tutti se ne sono accorti. 


La scuola intesa come spazio, edificio, complesso di aule non è più luogo da riservare agli utenti previsti dalla destinazione mattutina, ma da aprire a chiunque voglia imparare, comunicare, accedere a processi culturali di integrazione.
Nella mia mente ci sono spazi che vivono 24 ore su 24; in cui risuonano voci di bambini e di adolescenti, ma anche voci più pacate e mature. In cui si parla con naturalezza la lingua italiana, ma nei quali fonetiche lontane dalle nostre cercano – anche con fatica – di avvicinarsi alla nostra lingua.
Nella mia visione di scuola ci sono bambini e genitori seduti vicino, per imparare un modo migliore di stare insieme. Ci sono adolescenti di mille colori che, accanto allo studio, apprendono come si fa e come si trasmette cultura. E ci sono gli abitanti del territorio che portano i loro tesori di esperienza, di conoscenza, di abilità diverse e li condividono con tutti: giovani e anziani, vecchi e nuovi italiani, residenti stanziali e di passaggio. Il tutto in un ordine stabilito e riconosciuto dalla comunità e regolato dal centro: nessuna scuola, in nessuna zona, deve essere lasciata a se stessa. Le norme devono essere comuni per tutti, sì che si possa creare un tessuto armonioso in tutta l’area metropolitana. 
E’ un percorso che è già iniziato a Milano, con la giunta ora uscente, e che non può essere abbandonato. E’ un percorso che ci appartiene, che non può essere messo in atto dalla parte sedicente “moderata”: lì si creerebbero conflitti insanabili all’interno delle scuole private, e con l’Amministrazione che condividesse questa visione della scuola.
Non siamo uguali: la nostra visione del mondo – e della scuola – è inclusiva nel senso più pieno  del termine. E senza inclusività, siamone certi, la Storia non avrà un futuro. Senza una comunità globale non ci sarà salvezza.

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