domenica 6 marzo 2016

Perché il riconoscimento della Giornata dei Giusti quest'anno va alla "resistenza morale e civile delle donne". Sei donne al giardino di Milano

Dice Gabriele Nissim: "il tema della resistenza morale e civile delle donne a difesa della propria dignità ci sta molto a cuore. La loro lotta, condotta in ogni parte del mondo, ci coinvolge tutti perché si estende alla difesa dei diritti fondamentali di ogni essere umano. Per questo ci è sembrato importante fare coincidere le celebrazioni di questa Giornata Europea dei Giusti con la data simbolica dell’8 marzo”. 

Alle donne già onorate nel Giardino di Milano (fra le quali, precedentemente, anche Anna Politkovskaja), se ne aggiungono quest'anno 6, in collegamento simbolico anche con l'8 marzo.

Le 6 donne di questa edizione 2016 sono: 
• Halima Bashir, giovane medica che in Darfur ha avuto il coraggio di denunciare e testimoniare gli stupri delle milizie Janjaweed; 
Vian Dakhil, deputata irachena che ha rivolto un accorato appello per gli yazidi intrappolati nei Monti del Sinjar, accusando l’ISIS di genocidio; 
Sonita Alizadeh, rapper afghana di Herat, che si batte contro il dramma delle spose bambine; 
Flavia Agnes, avvocatessa indiana, attivista per i diritti delle donne di ogni ceto e religione, contro la violenza di genere e per una legislazione che le tuteli; 
Azucena Villaflor che con le madri di Plaza de Mayo dagli anni ’70 ha sfidato la dittatura argentina, invocando verità e giustizia per i “desaparecidos”; 
• Felicia Impastato, che ha sfidato implacabile le mafie e l’isolamento sociale, cercando instancabilmente verità e giustizia per il figlio Peppino, ucciso dalla mafia nel 1978.  

Sul tema della resistenza femminile riportiamo inoltre, dal sito di Gariwo: 
In tutto il mondo, si va sempre più consolidando la consapevolezza del ruolo peculiare delle donne in ogni campo dello sviluppo dell’Umanità. Il contributo della specificità femminile, il suo valore aggiunto, nutrito di capacità inclusiva e di ascolto, di apertura al mondo e di cooperazione, di intreccio di rapporti e di solidarietà, di caparbietà e determinazione, di senso di giustizia e di pietà, non è più in discussione. Il passaggio al nuovo millennio ha visto affacciarsi sullo scenario internazionale le nuove sfide della globalizzazione, della crisi economica, dei Paesi emergenti, con lo scoppio di nuovi conflitti e l’acuirsi delle contraddizioni insolute, che penalizzano ancora una volta l’universo femminile prima di ogni altra condizione e mettono a rischio le conquiste tanto faticosamente ottenute. La reazione non si è fatta attendere: seppure a fatica, si va affermando una nuova volontà di uscire dall’isolamento e dall’anonimato, dalla subordinazione, dall’abbrutimento e dall’umiliazione, delle donne più consapevoli e coraggiose, avanguardie di un movimento trasversale, che non ha confini geografici, connotazioni nazionali, etniche, politiche o religiose; un moto di ribellione che ha molto a che fare con la difesa dei diritti umani fondamentali e per questo travalica quei confini, rifiutando ogni logica di appartenenza che in nome di una malintesa identità sacrifichi la dignità umana. Dall’Africa all’Asia all’America Latina, troviamo giornaliste, studentesse, religiose, attiviste, militanti politiche, che arrivano a rischiare la vita per smascherare torturatori e assassini, per rivendicare uguaglianza e rispetto, per chiedere condizioni di vita e di lavoro dignitose, libertà e democrazia. Una battaglia che si allarga dalla condizione di genere alla difesa di ogni essere umano, che assume un valore simbolico universale e si configura come la regina di tutte le battaglie.


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