sabato 9 febbraio 2013

Arianna Cavicchioli: equità, a partire dalle donne

Torno sul blog (dopo il primo post di presentazione che trovate qui), per soffermarmi sul tema dell’equità del Paese, che deve ripartire dalle donne.  Tra gli impegni che dovrà assumersi il prossimo governo regionale e nazionale c’è sicuramente quello di guardare i problemi anche con occhi femminili. 

Dico questo perché le donne rappresentano, spesso senza riconoscimento, la spina dorsale di tante famiglie e sono le prime a riconoscere e ad adattarsi al cambiamento.
Nella maggior parte dei casi è la donna che si occupa della casa, della cura di figli e anziani, quando il servizio pubblico è latitante, e sempre più spesso è lei ad irrobustire il reddito familiare, altrimenti troppo povero. 
Partiamo dal welfare lombardo, dove occorre ripartire potenziando quei servizi che rendono più semplice la conciliazione dei tempi famiglia lavoro: in ogni comunità dev’essere garantito un sistema integrato di servizi per l’infanzia, così da evitare l’abbondono del posto di lavoro da parte di molte mamme che desiderano continuare a lavorare. Allo stesso tempo serve creare un fondo regionale per il sostegno alle famiglie che vogliono provvedere ai bisogni di familiari non autosufficienti scegliendo di curarli a casa, qualificando anche il lavoro degli assistenti familiari. Altro tema è quello del lavoro, dove ancora esistono per le donne differenze di stipendio e difficoltà d’accesso: servono meccanismi aziendali che trasformino in pratica positiva l’esempio della flessibilità femminile.
Realizzare questo richiede, a mio avviso, uno sguardo speciale che abbia la possibilità d’incidere. In un Paese democratico dovrebbe essere naturale la presenza femminile nei luoghi decisionali, dalle istituzioni ai consigli d’amministrazione delle aziende. Purtroppo non è ancora così, ma qualcosa sta cambiando grazie ad alcune leggi che stanno regolando una presenza rosa più equa in diversi ambiti. Il grado di civiltà di un Paese si misura dalla sua equità e ben vengano i mezzi, anche impositivi, per realizzarla. Ne guadagneremmo tutti. In Regione Lombardia, ad esempio, la nuova legge elettorale ha accolto l’obbligo di presentare nelle liste elettorali in egual misura candidati uomini e donne, anche se la richiesta del Partito democratico chiedeva che fosse prevista la doppia preferenza maschile e femminile sulla scheda elettorale. Diciamo che è un primo passo, su cui occorre lavorare ancora. Altra questione è quella di vigilare sull’applicazione della legge Golfo - Mosca sull’equilibrio di rappresentanza tra uomini e donne nei consigli d’amministrazione e nei collegi sindacali anche per le società a partecipazione pubblica. Secondo i dati della Fondazione Bellisario, infatti, nei vertici delle società pubbliche la presenza femminile non supera il 4%. La nuova giunta regionale dovrà garantire nomine rosa fin dai prossimi rinnovi per le imprese controllate dalla Regione. 
Anzi dovrebbe fare di più: estendere il regolamento anche agli enti per i quali non è previsto, come vuole fare il Comune di Milano. Perché è il pubblico che deve dare l’esempio.
Infine una considerazione: riconoscere i bisogni delle donne e dare loro risposte è il punto di partenza per governare la Lombardia e il Paese con uno sguardo nuovo, che parla di futuro e possibilità per tutti.

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